Animali tra gli animali
Chi conosce bene gli animali scopre la loro benevolenza.
Vede anche che non c’è nessuna differenza tra le loro modalità affettive, comunicative, comportamentali e le nostre.
Se osserviamo nel loro ambiente naturale il modo di relazionarsi tra loro, lo stile di comunicazione con versi ed espressioni del corpo, le interazioni familiari, i rapporti affettivi tra i vari membri del branco, scopriamo che come noi soffrono, amano, piangono, ridono, giocano, litigano.
Alcuni processi della vita come il lutto, le cure dei piccoli, la separazione degli adolescenti dai genitori, le regole del corteggiamento sono del tutto simili ai nostri.
Ma, come dice Carl Safina nel suo bellissimo libro “Al di là delle parole” – che consiglio veramente a tutti coloro che amano gli animali – c’è qualcosa che appartiene esclusivamente all’essere umano. Una assoluta mancanza di benevolenza verso se stessi. L’attitudine a pensare male di sé e a non amarsi. Quella terribile e dolorosa attitudine ad essere nemici di noi stessi.
Tanto che a volte l’uomo arriva ad odiarsi a tal punto da togliersi la vita. Per rabbia, per vergogna, per insoddisfazione, per solitudine. Incapaci di accoglierci, amarci e godere delle nostre risorse, delle nostre bellezze, della vita che siamo, così come essa si manifesta nella sua semplicità. Incapaci di benevolenza.
Perché siamo capaci di odiarci?
E questo perché noi esseri umani siamo gli unici esseri viventi che sentiamo di dover rispondere alle aspettative di una parte di noi – costruita intorno alle varie esperienze della nostra vita – che chiamiamo Io alla quale ci identifichiamo e diamo sovranità assoluta.
In questo modo ci separiamo da ciò che veramente siamo, dalla pienezza e totalità della vita.
Allora ci sentiamo spersi, frammentati, vuoti di sostanza. E crediamo che sia perché non siamo abbastanza bravi, buoni, forti, intelligenti, importanti.
E abbiamo paura.
La paura
E più paura abbiamo, più cerchiamo di mostrarci forti attraverso l’arroganza e la prepotenza, oppure deboli e bisognosi ci sottomettiamo svilendoci e perdendo la stima di noi.
Perché la paura nasce quando ci lasciamo soli, quando ci malediciamo: cioè aggrediamo la nostra mente con rimproveri, giudizi negativi, ed odio. Quando rifiutiamo parti di noi ci impoveriamo.
Rinunciamo ai nostri sentimenti, a ciò che siamo magari per piacere agli altri e non rimanere soli, e non avere paura. Ma così facendo accade proprio il contrario: diventiamo estranei a noi stessi.
Ci lasciamo soli e la solitudine e la paura all’interno prendono il posto dell’integrità, del contatto e della pienezza.
Perdiamo il senso di ciò che siamo davvero, delle nostre qualità, della nostra bellezza, della forza, dell’energia, della vita che siamo. Perfetti comunque in ogni momento della nostra esistenza, se solo potessimo vederci veramente, senza il filtro delle aspettative e del giudizio.
L’autobenedizione: dire bene di noi
Allora ci può venire in aiuto coltivare un nuovo modo di accogliere noi stessi.
La possibilità di dire bene di noi, la curiosità, la meraviglia verso ogni istante di vita che scorre, meraviglia per la nostra capacità di apprezzare ogni nuova sensazione, emozione, pensiero che la vita ci offre, qualsiasi esso sia.
Possiamo utilizzare la stessa forza e la stessa determinazione nel notare la nostra bellezza e sensibilità, piuttosto che soffermarci e giudicare ciò che non va. Questo porta agio e apertura.
Coltivare la capacità comunque di orientare lo sguardo verso il bello e il buono è come avere la capacità di cogliere le forme e i colori anche nella notte più oscura, avere la certezza della loro esistenza, anche se in quel momento le intravediamo appena. Sicuri che il nuovo giorno ogni volta nuovamente ce li rivelerà appieno.
Vedere le cose buone nel nostro cuore, la capacità di amare, di commuoverci, di provare compassione, apprezzare le qualità della nostra mente, la possibilità di comprendere, riflettere, essere creativi, trovare soluzioni, cogliere la meraviglia del nostro corpo attraverso il quale possiamo entrare in relazione con il mondo che ci circonda, interagire con gli altri esseri, vedere, udire, assaporare, toccare, odorare.
Essere benevolenti verso noi stessi
Dire comunque bene di noi senza condizioni, essere gentili con noi, perché ne abbiamo bisogno.
Ognuno di noi ha bisogno di gentilezza, di cura, di tenerezza, di ricevere un buon augurio. Desiderare il bene per noi ci sostiene quando soffriamo, quando abbiamo paura. Perché una mente piena di ansia e di paura può comunque essere penetrata dalla gentilezza e, una mente piena di gentilezza non può essere vinta dalla paura. La paura anche se sorgesse non potrebbe mai sopraffare del tutto una mente piena di benevolenza.
Perché la benevolenza ci aiuta a vedere che nel profondo di ogni essere vivente alberga la sua unicità e la sua bellezza, e quindi anche in noi stessi. E solo questa certezza consapevole, solo continuare a vedere con gli occhi della fiducia e dell’amore questa bellezza, anche se non si manifesta come per il seme sepolto nella terra arida e secca, permetterà di farla fiorire come accade al seme quando la terra è bagnata da piogge benefiche.
come dice questa bellissima poesia di Galway Kinnell che si intitola “San Francesco e la scrofa”
Il bocciolo sta per tutte le cose,
anche per quelle che non fioriscono.
Perché tutto fiorisce, da dentro,
per autobenedizione.
Sebbene a volte sia necessario
rammentargli la sua bellezza,
mettere una mano sulla fronte del fiore
e ridirgli, in parole e col tocco,
che è bello, finché non fiorisce di nuovo.
Da dentro, per autobenedizione.
Così come San Francesco mise la mano
sulla fronte corrugata della scrofa
e le disse, in parole e col tocco:
che la Terra benedica la scrofa!
E la scrofa cominciò a ricordare
per tutta la sua spessa lunghezza,
dal muso ferrigno immerso
nel foraggio e nel pastone,
fino al ricciolo spirituale della coda,
dalla dura spinosi della spina dorsale
al grande cuore spezzato,
all’azzurro sogno di latte
che sprizza fremente
dai suoi quattordici capezzoli
nelle quattordici bocche che succhiano
e sbuffano sotto di loro,
la lunga, perfetta bellezza di scrofa.
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