Incontrare il cibo con gioia e controllo

mangiare consapevole

Mangiare in modo consapevole significa incontrare il cibo con piacere e serenità, come qualcosa di buono, di amico. Molte persone vorrebbero poter coltivare questa possibilità invece di essere sopraffatti da un rapporto con il cibo fuori controllo.

Per poter raggiungere degli obiettivi dobbiamo credere fermamente che questo sia possibile per noi.

Ma…

succede però che, benché da una parte non solo desideriamo raggiungere un certo risultato, ma lo crediamo anche possibile, ugualmente possono sorgere pensieri che ci dicono il contrario, pensieri che non vorremmo avere, ma che ci sono. E che spazzano via la fiducia che iniziava a nascere sulla nostra possibilità, per esempio di mangiare in modo felice e sano.

Pensieri automatici

Questo perché in genere i pensieri automatici si formano non tanto su ciò che consapevolmente sappiamo essere bene per noi, ma per vie cerebrali antiche e fuori dal nostro controllo cosciente. Questo non è un male, poiché questi pensieri possono aiutarci in tante occasioni, ma se non siamo coscienti che rievocano esperienze passate e non riguardano necessariamente quello che viviamo nel momento presente, non abbiamo mai la possibilità di prendere altre vie e di cambiare le nostre abitudini.

Mangiare in modo consapevole

Applichiamo questo meccanismo alla difficoltà di mangiare in modo consapevole e incontrare il cibo con gioia e controllo nello stesso tempo.

Facciamo un esempio: desidero un pezzetto di cioccolato.

Sorge subito un pensiero “no, se metto in bocca un pezzetto di cioccolato non riuscirò a fermarmi”, oppure “se mangio un po’ di cioccolato poi mi sentirò sicuramente in colpa e starò malissimo”, e noi rinunciamo confermando a noi stessi che non abbiamo il controllo sul cibo e naturalmente facendoci sentire infelici e frustrati.

Possiamo comprendere quindi che il problema è tutto nella mente, nei pensieri automatici, nella nostra difficoltà a non esserne liberi.  In una immagine stereotipata di noi nella quale essi ci imprigionano.

Dobbiamo costruire una nuova immagine mentale.

L’immagine della persona che oggi siamo, ma che da questi pensieri automatici viene sabotata.

Allora poiché l’immagine mentale di noi sorge mediante il ripetere più volte una esperienza, proviamo a far fare alla mente una nuova esperienza di noi. Per esempio una esperienza di mangiare consapevole.

Chiudiamo gli occhi.

Visualizziamoci mentre prendiamo una tavoletta di cioccolato, ne prendiamo un quadratino, lo gustiamo e rimettiamo il resto della tavoletta nel cassetto.

Visualizziamo ogni piccolo dettaglio:

l’effetto tattile di scartare il cioccolato, di spezzarne un quadratino, il momento in cui lo mettiamo in bocca, il sapore del cioccolato, la sua consistenza, il suo profumo. Come ci sentiamo.

Poi andiamo via tranquillamente dalla stanza e usciamo a farci una passeggiata.

Possiamo continuare a fare questo esercizio anche più volte, nel corso dei giorni fino a quando non riusciremo a vederci farlo con naturalezza e sentendoci a nostro agio.

Susan Albers che si occupa di alimentazione consapevole ci dice che gli effetti di questo esercizi saranno due:

  1. Le ricerche indicano che se riusciamo a vederci mangiare consapevolmente con gli occhi della mente, aumentiamo le probabilità di riuscire a farlo nella realtà
  2. La visualizzazione cambia la nostra risposta biologica alla vista del cibo.

A questi due aggiungo un terzo beneficio:

creiamo INTENZIONALMENTE attraverso la ripetitività una nuova abitudine mentale  (da abitus,  ‘modo di essere’, inclinazione) che si trasformerà in nuovi pensieri, che si trasformeranno in nuovi comportamenti.

 

Ti interessa questo argomento?  Scrivimi: bi.pescatori@gmail.com

 

 

 

 

Author

Bianca Pescatori

Psicoterapeuta libero professionista ad orientamento psicodinamico e cognitivista.
 Ha collaborato e collabora con enti pubblici e privati per quanto riguarda la gestione dello stress attraverso i protocolli mindfulness Based e ricerche correlate, tra cui l’Università La Sapienza, dipartimento di psicologia e il policlinico dell’Università di Tor Vergata.