La Mindfulness e la rabbia

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La rabbia, una emozione

La mindfulness e la rabbia. La rabbia, come tutte le altre emozioni, fa parte dell’attività del corpo – mente.
A volte si pensa che debba essere sfogata, altrimenti rimane dentro, come un pasto velenoso che se non digerito o vomitato può farci male.

Altre volte, se ci hanno insegnato che è “cattivo essere arrabbiati”, preferiamo non entrare in contatto con questa emozione e negarla alla nostra consapevolezza.

Questo perché si pensa alle emozioni come qualcosa di concreto, di materiale. In realtà non è così.

La mente mindful, cioè nella sua funzione di consapevolezza, ha la capacità di sperimentare momento dopo momento il fenomeno emozione che sorge, cambia, svanisce e fluisce continuamente. E questo vale per tutte le emozioni (come per tutti i fenomeni).  

Le emozioni

Alcune, che consideriamo positive, ci danno un senso di benessere e da questo scaturiscono comportamenti “salutari” verso noi stessi e gli altri, che a loro volta rafforzano questo stato mentale felice. Altre ci procurano un senso di malessere che ci porta  ad adottare comportamenti dannosi e quindi le consideriamo negative.

Attenzione però non è l’emozione e il senso di malessere che proviamo ad essere negativi, ma il comportamento distruttivo che utilizziamo per disfarcene.

Perché comunque esse vengano percepite, piacevoli o dolorose, le emozioni hanno tutte la stessa natura: fanno parte della mente ed hanno la caratteristica di fluire, non sono stabili.

Inoltre la loro specifica utilità è di darci informazioni sull’esperienza che in quel momento stiamo vivendo. Ed anche sui nostri bisogni di quel momento. Sapere questo aiuta molto se si vuole lavorare con le emozioni difficili.

Identificarsi con le emozioni

Spesso avviene che le persone pensino di essere in un certo modo: “io sono arrabbiato”, “io sono triste”, piuttosto che “in me c’è rabbia o tristezza”.

In quel momento sono identificate con una immagine di sé cristallizzata e assoluta, con qualcosa di fisso, che è sempre lì. Questa non è la realtà.

E questo perché la mente è qualcosa di più dei fenomeni passeggeri che sorgono e se ne vanno: sensazioni, emozioni, pensieri, memorie, immagini etc… sebbene essi stessi siano mente.

Prendo a prestito la definizione del neuroscienziato Daniel Siegel (direttore del Mindsight Institute Awareness University of California.) il quale ci dice che: «La mente umana è un processo relazionale e incarnato, che regola il flusso di energia e informazione».

E mi soffermo sulla parola “incarnato”, per quanto anche relazionale è fondamentale interessante.

Prendo anche a prestito la definizione di mente che viene data in alcune occasioni negli insegnamenti buddisti, cioè “ciò che è chiaro e che conosce”.

Chi siamo

Forse possiamo quindi iniziare a modificare il modo con il quale entriamo in contatto con noi stessi.

Piuttosto che “essere l’emozione” o “la negazione dell’emozione” potremmo, aiutati dalla consapevolezza, riconoscerci in colui che “conosce chiaramente e regola il flusso emotivo continuamente cangiante”.

Riconoscerci altro dall’emozione ci rende liberi dall’attribuirci una responsabilità che, nel caso di emozione negativa, ci avvilisce e ci intrappola per il suo sorgere e, nel caso di una emozione positiva, ci intristisce e svuota per il suo cessare.

Riconoscerci altro ci libera anche dalla schiavitù di obbedirle ciecamente adottando parole e azioni conformi alla sua particolare natura.

Come agire?

Come agire dunque quando ci troviamo coinvolti da una emozione difficile? Piuttosto che negarla o agirla potremmo, in virtù della consapevolezza, fermarci un attimo. Chiudere gli occhi. Sentirla.

Conoscere veramente quello che così ostinatamente neghiamo o da cui ci lasciamo travolgere. Possiamo portare “in quanto mente quale processo incarnato” intenzionalmente l’attenzione alle sensazioni fisiche nel momento in cui sorge l’emozione, accogliendole e avvolgendole con un interesse non giudicante gentile e leggero.

Permettendo loro di essere esattamente ciò che sono. Allora potremo probabilmente coglierle nella loro reale natura di fenomeno in continuo cambiamento. Un cambiamento sinora reso impossibile dalla incessante reificazione che inconsapevolmente causiamo identificandoci con esse.

Nubi nel cielo terso che si aggregano e disaggregano, momento dopo momento, secondo vento e temperatura.

Author

Bianca Pescatori

Psicoterapeuta libero professionista ad orientamento psicodinamico e cognitivista.
 Ha collaborato e collabora con enti pubblici e privati per quanto riguarda la gestione dello stress attraverso i protocolli mindfulness Based e ricerche correlate, tra cui l’Università La Sapienza, dipartimento di psicologia e il policlinico dell’Università di Tor Vergata.