Sul “coltivare attenzione”

Simone Weil

Leggendo alcuni scritti di Simone Weil mi è stato spunto di meditazione e riflessione il richiamo  sul “coltivare attenzione”,  un certo tipo di attenzione, ingrediente “indispensabile” nella relazione con gli altri.  In particolare con coloro che soffrono.
E mi sento di aggiungere prima di tutto con il nostro stesso soffrire.
Lascio qui alcune righe, in ordine sparso, di Simone Weil sul coltivare attenzione che possano fecondare il cuore e la mente di chi legge

Ella dice (Attesa di Dio, ed Adelphi)

<<L’attenzione è distaccarsi da sé e rientrare in se stessi, così come si inspira e si espira.

L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto, nel mantenere in se stessi, in prossimità del pensiero ma ad un livello inferiore, e senza che vi sia contatto, le diverse conoscenze acquisite che si è costretti ad utilizzare. Nei confronti di tutti i pensieri particolari già formati, il pensiero* deve essere come un uomo in cima ad una montagna che, guardando davanti a sé, al tempo stesso percepisce, pur senza guardarle, molte foreste e pianure sottostanti. E soprattutto il pensiero deve essere vuoto, in attesa, non deve cercare alcunché, ma essere pronto ad accogliere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi.

Del resto non è solo l’amore di Dio che ha per sostanza l’attenzione. Della stessa sostanza è fatto l’amore per il prossimo, E noi sappiamo che si tratta del medesimo amore. In questo mondo gli sventurati non hanno bisogno di altro che di uomini capaci di rivolger loro la propria attenzione. Tale capacità di prestare attenzione a uno sventurato è cosa molto rara, molto difficile; è quasi un miracolo; è un miracolo. Quasi tutti coloro che credono di possederla non ce l’hanno. Il calore, lo slancio del cuore, la pietà non sono sufficienti.
….

Ed ancora

La pienezza dell’amore per il prossimo è semplicemente la capacità di domandargli: “Qual’è il tuo tormento”? E’ sapere che lo sventurato non esiste come elemento di un insieme, non come esemplare della categoria sociale che porta l’etichetta di “sventurati”, ma in quanto uomo, esattamente tale e quale noi, un uomo che un giorno è stato colpito dalla sventura con il suo marchio inimitabile. Per questo motivo sapere posare su di lui un certo sguardo è sufficiente ma indispensabile.
Uno sguardo che prima di ogni cosa è uno sguardo attento, con il quale l’anima si svuota completamente del proprio contenuto per accogliere in sé l’essere che sta guardando così com’è, in tutta la sua verità. Di un simile sguardo e capace solo colui che sa prestare attenzione>>.

* nel contesto mindfulness chiameremmo questo Consapevolezza

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Author

Bianca Pescatori

Psicoterapeuta libero professionista ad orientamento psicodinamico e cognitivista.
 Ha collaborato e collabora con enti pubblici e privati per quanto riguarda la gestione dello stress attraverso i protocolli mindfulness Based e ricerche correlate, tra cui l’Università La Sapienza, dipartimento di psicologia e il policlinico dell’Università di Tor Vergata.