Che tu possa strapparti via

Quanto spazio lasciamo alle nostre emozioni? Intendo alle emozioni più dolorose o difficili, sgradevoli. Quelle che non ci piacciono proprio. Quelle che ci sorprendono per la loro forza e la loro distruttività.  L’odio, la vergogna, l’invidia, la gelosia, la rabbia. Eppure se stessimo loro vicino, se le sentissimo fino in fondo, se ci aprissimo ad ascoltarle nella loro violenza precipitosa, a sentirle nascere nel corpo, crescere in intensità, ascoltarle farci male ci potremmo aprire anche ad accogliere tutto il dolore da cui nascono.

Germogli di una terra dolente che chiedono l’acqua dell’ascolto e della compassione. Nel senso proprio di prenderle con noi, di averne cura, di andare fino in fondo nell’assumerle come parti di noi, magari sempre escluse dalla nostra continua necessità salvifica di scegliere cosa è bene e cosa è male, di opporci, di voler essere altro da quello che siamo momento dopo momento. 

Accogliere dunque il nostro dolore e averne compassione, essere disposti a sentirlo nel nostro cuore, respirarci dentro, aprendoci in un atto di amore e di desiderio per ciò che nasce, proprio perché è nato. Che il desiderio di conoscerci, di diventare sapienti di noi stessi ci tenga radicati a ciò che è, ora qui, in questo momento, momento per momento e non dispersi in ciò che vorremmo, in ciò che sarà, in ciò che non è stato.

Allora, solo allora potremmo dire che “stiamo facendo dell’infinito casa”.

Che tu possa strapparti via
e prenderti nel pugno,
abitarti
sentire il dono del corpo quando è solo
e del respiro
che trasporta il mondo,

che ti addestri
a inchinare un grazie a tutto,
anche il male,
soprattutto questo male,
che fa migrare,
lasciare le lenzuola
e le ombre nascoste nei cassetti
le voci serrate in bocca,

che tu senta l’aria nuova

che ti allunga discreta
il suono delle prime piogge.

Che la notte ti insegni
a lasciarti essere e parlare
quando il tuo bambino feroce ti morde,
che possa uscire dalla gattabuia
e sulle tue ginocchia urlare
per tutte le volte che l’hai chiuso in gabbia
per tutte le volte che l’hai sbarrato nei sorrisi
quando voleva solo sferrare pugni.

Che tu possa sentire il bene grande
quell’aria che ci sta sempre intorno
che sempre bada a noi e sa
che mentre ci scuotiamo forte
mentre scartiamo
e sgroppiamo via i pesi,
già’ stiamo facendo
dell’infinito
casa. 
(Chandra Livia Candiani – La bambina pugile)

Author

Bianca Pescatori

Psicoterapeuta libero professionista ad orientamento psicodinamico e cognitivista.
 Ha collaborato e collabora con enti pubblici e privati per quanto riguarda la gestione dello stress attraverso i protocolli mindfulness Based e ricerche correlate, tra cui l’Università La Sapienza, dipartimento di psicologia e il policlinico dell’Università di Tor Vergata.