Il Protocollo MBSR come terapia complementare nella cura del cancro

Mindfulness oncologia

Questo intervento scaturisce dalla mia relazione, come psicoterapeuta, con pazienti oncologici.

Relazione particolare ovviamente che mi ha permesso di accedere agli aspetti più intimi del vissuto emozionale ed esistenziale di chi incontra – e a volte se ne accompagna fino alla fine della vita – la malattia, ed assieme ad essa la sofferenza fisica, i profondi cambiamenti, le sfide, il risveglio all’urgenza della ricerca di senso, emozioni dolorose e difficili ed emozioni, sentimenti di grande apertura e gioia.

Pazienti per i quali la malattia diventa l’origine della coltivazione di serenità e saggezza, pazienti che viceversa reagiscono con chiusura, disperazione e grande avversione.

Troviamo una metafora molto efficace utilizzata dal Buddha in uno dei suoi discorsi “Il discorso della freccia” per spiegare la natura della sofferenza.

Il Buddha dunque dice:

… l’uomo quando viene toccato da una sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Sperimenta due tipi di sofferenza: una sofferenza fisica ed una sofferenza mentale. E’ come se fosse colpito da una freccia e subito dopo fosse colpito da un’altra freccia cosicché percepirebbe i dolori di due frecce …

Di fronte alle esperienze dolorose che la vita ci fa incontrare esiste allora una sofferenza data, e poi un’altra sofferenza, che è la reazione automatica di avversione che si avviluppa intorno all’esperienza dolorosa.

Cosicché accade il fenomeno apparentemente paradossale che la stessa mente mediante l’avversione, trattiene, reitera, amplifica, aumenta, la sofferenza originaria, per sua natura legata alle circostanze del momento e dunque come queste in continua trasformazione.

Da notare che questo accumulo di sofferenza generata da due condizioni diverse – l’entità della sensazione spiacevole e la modalità di reazione ad essa – viene percepita generalmente come generata unicamente dall’evento doloroso esterno.

Elana Rosembaum

Elana Rosembaum, psicoterapeuta al Centre for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society dell’Università di Boston, autrice del libro “Here for now, living well whit cancer through Mindfulness”, che da vent’anni lavora con i pazienti oncologici, ammalatasi poi lei stessi di cancro racconta:

Ogni tanto qualcuno mi domanda “sei guarita?”,“guarita da cosa?” Rispondo. So che si riferiscono al cancro, che nel mio caso è un linfoma, ma non è mai stato il cancro il problema. Quello che è rilevante è come io mi pongo nei confronti del cancro, non se questo si ripresenti.

Lo stile di copying

Questo suo modo di porsi ci aiuta a cogliere che vi è una differenza tra la sofferenza inevitabile, insita in una circostanza spiacevole della vita, dalla infelicità creata dal modo con cui la mente si mette in relazione a quella stessa circostanza (in termini psicologici parliamo di stile di copying adottato per fare fronte alla richiesta di cambiamento dell’ambiente).

Molta sofferenza nella nostra esistenza infatti è dovuta al tenersi aggrappati all’idea di come pensiamo le cose siano, di come devono essere, di come vogliamo che siano – la rappresentazione della nostra identità e della realtà che ci siamo costruiti nel corso del tempo e che proiettiamo come stabile e permanente nel futuro – e alla reattività mentale del momento, che su quell’idea poggia, che automaticamente rifiuta ciò che viene sentito come spiacevole e si attacca a ciò che viene sentito come piacevole.

Questa rappresentazione si sovrappone e distorce la percezione della realtà del momento presente, non permettendoci di cogliere l’esperienza che stiamo effettivamente vivendo.

Cosa accade quando la vita non conferma la realtà di cui noi siamo assolutamente certi? Come quando per esempio l’incontro con una malattia grave, potenzialmente mortale, mette in dubbio la nostra illusione di stabilità?

L’incontro con la malattia (e con la malattia oncologica in particolare in quanto ignota, implicita, incontrollabile, sotterranea, fortemente investita di metafore sociali ed esistenziali) rischia di aprire un vissuto ideativo fantasmatico, persecutorio e abbandonico, che si esprime nel malato e nei familiari sotto forma di angoscia di morte, rabbia, ansia, depressione, perdita di controllo, percezione di incapacità, sensi di colpa, vergogna oltre che sofferenza fisica.

Quattro aree di sofferenza

Possiamo individuare quattro aree di sofferenza:

1 – relativa al corpo: un corpo offeso dal dolore, invaso dalla malattia, un corpo fonte di vergogna, incontrollabile, estraneo, inabile, divenuto inutile;

2 – relativa alla mente: alla possibilità di non essere più in grado di ragionare, di impazzire, della confusione mentale;

3 – relativa alla proiezione temporale: alle aspettative su se stessi, ai propri progetti, l’impossibilità di pensarsi nel futuro, l’ignoto, il nulla, l’assenza del tempo;

4 – relativa alle relazioni: per la perdita di un ruolo in famiglia, nel lavoro, nella società; paura di essere abbandonato, di essere dimenticato, di essere di peso, di non avere più valore, di essere ripugnante, di non essere più degno di amore; paura di cosa accadrà alla famiglia dopo …

Sofferenza dovuta alla reattività mentale: non certo meno dolorosa, invalidante e pericolosa per la qualità e la durata della vita della sofferenza fisica.

Studi scientifici sul dolore

Sono numerosi gli studi che pongono l’attenzione sul complesso legame tra corpo e mente e che mettono in evidenza come la percezione di uno stimolo doloroso, fisico o psichico, e la reazione ad esso sia condizionata dalla qualità del nostro stato mentale che influisce anche sulle prospettive di sopportazione e guarigione della malattia.

Dalle più recenti ricerche attraverso la neuroimaging funzionale si rileva inoltre che le aree cerebrali impegnate nella risposta al dolore fisico e a quello psichico sono le stesse, segno che la distinzione tra i due tipi di sofferenza è in definitiva arbitraria.

Il dolore cronico presente nelle malattie degenerative, neurologiche, oncologiche, specie nelle fasi avanzate e terminali di malattia, assume dunque caratteristiche di dolore globale, legato a motivazioni fisiche, psicologiche e sociali, come evidenziato nei documenti dell’ OMS

Della sofferenza che deriva dalla prima freccia, nel nostro caso, se ne occupa il chirurgo, l’oncologo, ma come affrontare le numerose ferite delle altre frecce che vengono scoccate dall’ arco della nostra stessa mente?

Trovare nella propria pratica clinica strumenti per aiutare le persone che soffrono, nel corpo e nella mente, grandi dolori e turbamenti, è la molla che spinge il terapeuta, ed in particolare il terapeuta della mente, a una continua ricerca, e non solo intellettuale, di percorsi che aiutino prima di tutto egli stesso e che possano essere poi di beneficio ai pazienti che incontra nella sua professione.

Il protocollo MBSR

E’ quello che è accaduto per quanto riguarda la “mindfulness” e l’elaborazione del protocollo clinico MBSR, mindfulness based stress reduction.

La mindfulness come programma clinico, nasce nel 1979, ideato dal Prof Jon Kabat-Zinn, (Centre for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society dell’Università di Boston).

Kabat Zinn, che da tempo coltivava la meditazione vipassana (o di visione profonda, o di consapevolezza) e si interessava agli effetti benefici di questa sulla riduzione della sofferenza percepita e sul riequilibrio psicofisico, crea, per aiutare i pazienti a ridurre il dolore e lo stress causati da gravi patologie organiche, un percorso strutturato che unisce la millenaria esperienza delle tecniche meditative in particolare trasmesseci dalla tradizione buddista Theravada con aspetti scientifici e psico-educazionali, proprio in ambito medico.

Scrive Kabat Zinn:

(Riprendere i sensi, Tea Edizioni, .109).

Dato il grado di sofferenza che gli ospedali attraggono, uno potrebbe pensare: “Quale posto migliore di questo per offrire formazione alla presenza mentale, visto che un’autorità come il Buddha, nientemeno, ha detto che essa è ‘l’unico sentiero verso la vittoria sulla pena e sul lamento e verso l’eliminazione del malessere e dell’angoscia’, in una parola verso il sollievo dalla sofferenza? Esporsi alla pratica della presenza mentale, quindi, se davvero è tanto potente, fondamentale e universale come dichiarava il Buddha, non potrebbe portare notevole beneficio a molte delle persone che si ricoverano in ospedale?

Così nel 1979, con il sostegno del primario di Medicina Interna del Medical Center dell’Università di Worcester (Boston – Massachusetts), fonda la prima Clinica per la riduzione dello stress basata sulla coltivazione della mindfulness.

Il protocollo per la riduzione dello stress è strutturato in 8 incontri di gruppo settimanali di circa due ore e mezzo circa ciascuno, più quattro incontri di follow up a distanza di qualche mese.

il protocollo propone:

1 – un addestramento intensivo alla meditazione di consapevolezza (più conosciuta come meditazione Vipassana) che permetterà di  incontrare la realtà non attraverso le proprie rappresentazione mentali o reattività emotive (che nel protocollo saranno anche esse oggetto di attenzione e conoscenza), ma direttamente come essa si presenta.

2 – momenti di condivisione di gruppo sul vissuto dei partecipanti riguardo agli esercizi proposti; con riflessioni su alcuni temi quali l’attenzione non giudicante, la mente del principiante (o di “colui che non sa”), il lasciar andare e il lasciar essere, la fiducia in sé;

3 – movimento corporeo (yoga, streching) per migliorare il livello di consapevolezza durante il movimento

4 – materiale teorico relativo a concetti quali stress , attenzione, connessione corpo-mente ed altri temi

5 – metodi specifici per favorire la capacità di comunicazione.

6 – compiti a casa giornalieri per la durata di 1 ora, schede riguardo alle attività svolte ogni settimana, il supporto di dispense ed articoli su argomenti scientifici e di CD (per accompagnare la pratica degli esercizi a casa)

Alcune ricerche sull’efficacia del protocollo MBSR in oncologia

Dai primi anni ’80, l’equipe di Kabat-Zinn, inizia a sviluppare i primi lavori di ricerca, inizialmente sulle applicazioni del protocollo a pazienti affetti da dolore cronico, ampliando poi l’indagine ad altre categorie: psicosomatica e psicologia.

Il metodo, validato e confermato in questi ultimi decenni da ricerche svolte grazie a nuove tecnologie neuroscientifiche (brain imaging), grazie ai suoi effetti sulla salute, sull’equilibrio psicofisico (confermate da ricerche sui valori sul sistema immunitario, endocrino, cardio circolatorio) e sulla qualità di vita degli individui, è applicato ormai sia negli Stati uniti che in Europa, in vari ambiti: medico, psicologico, aziendale, scolastico, sportivo.

Purtroppo in Italia non sono disponibili ancora molti dati sull’uso del protocollo MBSR in oncologia; una ricerca fatta all’U.O.S. di psiconcologia, Istituto Oncologico Veneto IOV-IRCCS di Padova sull’applicazione di un programma di MBSR è stata presentata dalla dott.ssa Eleonora Cason ultimamente ad un convegno “su meditazione e neuroscienze” svoltosi all’Università La Sapienza di Roma, dipartimento di psicologia.

Linda E. Carlson PhD

All’estero viceversa la ricerca in questo campo è molto feconda grazie anche alla passione di Linda E. Carlson PhD, Professore Associato, Enbridge Research Chair in Psychosocial Oncology in Psychosocial Oncology Research, Dipartimento di oncologia, Facoltà di Medicina, Università di Calgary, Canada

In un convegno tenutosi l’anno scorso Linda Carlson ha presentato numerosi studi di efficacia del protocollo MBSR relativamente a quelle che sono le esperienze comuni nel cancro sono:

  • stress/distress
  • lo stile di copying relativo al trattamento
  • il controllo dei sintomi (dolore,nausea, stanchezza cronica)
  • perdita del controllo
  • incertezza/paura per le recidive
  • identità da malato
  • il tema della morte e del morire

Gli studi presentati fanno tutti parte del Program Research del Tom Baker Cancer Center. Il protocollo clinico di riferimento è il Calgary Mbsr Program sviluppato nel 1966 da Michael Speca, Mauree Angen e Eileen Goodery il Il programma si basa sull’Umass Model, è aperto ai pazienti oncologici e ai loro familiari. Hanno partecipato al programma più di 1.500 pazienti, e sono state condotte ricerche multiple.

I Questionari utilizzati sono :

Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI; Buysse, Reynolds, Monk, Berman, & Kupfer, 1989): per la valutazione del sonno
I sintomi dello stress Inventory (SOSI; Leckie & Thompson, 1979): Il SOSI è stato progettato per misurare le risposte fisiche, psicologiche e comportamentali di situazioni stressanti.
Il profilo degli Stati dell’umore (POMS, McNair, Lorr, e Droppelman, 1971): Il POMS è ampiamente usato per studiare gli aspetti psicologici del cancro.

Studio 1

“The effects of a Mindfulness Meditation-Based Stress Reduction Program on Mood and symptoms of Stress in cancer outpatients: 6-month follow-up”
Linda E. Carlson Zenovia Ursuliak Eileen Goodey Maureen Angen Michael Speca  – Support Care Cancer (2001)

Hanno partecipato alla ricerca 89 pazienti con diagnosi mista di cancro. Alcuni in trattamento altri fuori. Alcuni facevano l’ MBSR, altri erano in lista di attesa

Focus della ricerca:

Come cambiavano i sintomi dello stress e i disturbi dell’umore e il mantenimento dei miglioramenti rispetto allo stress e dei disturbi dell’umore per i sei mesi successivi alla fine del programma.

Risultati:

MBSR diminuisce il disturbo dell’umore (profilo di ansia e disturbi dell’umore), ultima colonnina differenza tra il primo e il dopo, attorno ad una riduzione del 50 per cento tra il prima e il dopo. Analoghi risultati sono stati ottenuti per lo stress e l’ansia.

Studio 2

Effetti endocrino – immunitari

Mindfulness-Based Stress Reduction in relation to Quality of life, Mood, Symptoms of Stress and Levels of cortisol, Dehydroepiandrosterone sulfate (DHEAS) and Melatonin in breast and prostate cancer outpatients
Linda E. Carlson a,b,∗, Michael Speca a,b, Kamala D. Patel c, Eileen Goodey a Psychoneuroendocrinology 29 (2004) 448–474

Hanno partecipato alla ricerca 60 pazienti con tumore al seno e alla prostata ad uno stadio iniziale valutati a tre mesi dal  trattamento

Risultati:

1. Miglioramento della qualità della vita
2. Rafforzamento della funzione immunitaria
3. Normalizzazione dei patterns della secrezione del cortisolo
4. Mantenimento dei valori ad un follow up dopo un anno

Studio 3

Impact of Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) on Sleep, Mood, Stress and Fatigue Symptoms in Cancer Outpatients
Linda E. Carlson and Sheila N. Garland International Journal of Behavioral Medicine Copyright © 2005 by 2005, Vol. 12, No. 4, 278–285

Ha partecipato alla ricerca un campione eterogeneo di 63 pazienti oncologici.

Ipotesi:

La partecipazione al programma MBSR porterebbe nelle misurazione pre-post intevento a variazioni positive per quanto riguarda la qualità del sonno, i sintomi dello stress, lo stato dell’umore e il livello di fatigue.
I livelli assoluti di stress potrebbero essere correlati alla qualità del sonno sia nel pre che nel post-intervento,
Modifiche nelle misure del sonno sarebbero correlate a concomitanti cambiamenti nei livelli di stress e nei punteggi dell’umore e della fatigue.

Risultati:

I disturbi del sonno sono stati ridotti significativamente (p <.001),
Significativa riduzione dello stress (p <.001),
Disturbi dell’umore (p =.001),
Della fatigue (p <.001).

Conclusione

Questi studi completi e diversi altri studi sull’utilizzo e il beneficio del protocollo MBSR in oncologia possono essere trovati sul sito della nostra associazione Centro Italiano Studi Mindfulness www.centrostudimindfulness.net

Vorrei terminare questo intervento con le parole di Jon Kabat Zinn che elaborando il protocollo MBSR ha avuto il grande merito di aver offerto a migliaia persone, che non si sarebbero ma avvicinate alla meditazione nel suo contesto spirituale religioso, queste antiche ed efficaci pratiche per alleviare la sofferenza.

“Medicina” e “meditazione” vengono entrambi dal verbo latino mederi, che significa curare; tuttavia la radice più antica indoeuropea di mederi, porta con se il significato di “misurare”. Non si tratta del nostro solito concetto di misurare ….si riferisce piuttosto al concetto platonico che ogni cosa possiede la propria giusta misura intrinseca, le proprietà che ne fanno quella che è. La medicina dunque può essere intesa come ciò che ripristina la giusta misura intrinseca quand’è alterata, e la meditazione può essere vista come la percezione diretta della giusta misura intrinseca e la profonda conoscenza empirica della sua natura. (Jon Kabat Zinn, Riprendere i Sensi, Tea edizioni,p. 111).

Author

Bianca Pescatori

Psicoterapeuta libero professionista ad orientamento psicodinamico e cognitivista.
 Ha collaborato e collabora con enti pubblici e privati per quanto riguarda la gestione dello stress attraverso i protocolli mindfulness Based e ricerche correlate, tra cui l’Università La Sapienza, dipartimento di psicologia e il policlinico dell’Università di Tor Vergata.