Burn out da homeworking: come può aiutare la psicoterapia? Lo scenario attuale vede una vasta fascia di popolazione impegnata nell’home working. Quella che all’inizio è sembrata un’opportunità per gestire meglio il proprio tempo, oggi però evidenzia i suoi limiti e può provocare ansia, depressione, insonnia, senso d’isolamento.
Un’indagine condotta da LinkedIn, durante il lockdown, offre un quadro preoccupante del benessere psicologico dello smart working dettato dall’epidemia. I dati che emergono dalla ricerca che ha coinvolto oltre 2.000 lavoratori italiani con diverse mansioni evidenzia alcuni dati su cui riflettere:
- Il 46% dei lavoratori italiani si sente più ansioso o stressato perché lavora da casa
- Il 48% dei lavoratori italiani ha lavorato più ore da casa
- Il 18% ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale
- Il 16% teme che la propria azienda possa licenziarlo al termine del lockdown
Numeri importanti che oggi assumono dimensioni sempre più rilevanti. Ma quali sono le ragioni di questi disagi?
L’homeworking non è smartworking
Homeworking e smartworking possono sembrare sinonimi, ma in realtà si tratta di due fenomeni con delle differenze intrinseche. In italiano i due termini possono essere resi rispettivamente con telelavoro e lavoro agile.
Entrambe le parole condividono una condizione di base: la cosiddetta smaterializzazione della postazione di lavoro, intesa proprio come luogo fisico in cui si lavora. Siamo di fronte a una condizione che le aziende prendono sempre più in considerazione per i propri collaboratori soprattutto dopo l’impatto devastante della pandemia mondiale che ha fatto sì che si ridisegnasse per forza di cose l’assetto a cui tutti erano abituati. Il posto di lavoro cambia dimora, non più l’ufficio, non più un luogo condiviso con altre persone, ma la propria casa che si amplia, che fa spazio, a una postazione adibita al lavoro appunto. Questo da una parte ha apportato dei vantaggi sia nella vita dei lavoratori sia alle finanze delle aziende che in questo modo hanno potuto contrarre i costi.
Tuttavia, “smart working” utilizzato per identificare l’opzione di lavorare da casa ricorrendo a strumenti informatici non è corretto: si tratta di uno pseudoanglicismo, in inglese in realtà quello è lavoro da remoto, che in inglese si dice “remote working” oppure “working from home” o “home working” o anche “telecommuting”. In italiano si traduce come telelavoro: personal computer portatili collegati ai server aziendali da altrove per via telematica.
Il lavoro agile o “smart” indica una modalità di lavoro flessibile – nei tempi e nei luoghi – con processi migliorati e ricorso a tecnologie e strumenti che rendono il lavoro più funzionale perché agiscono in modo “intelligente” (smart). La situazione in cui lavorano da remoto molti italiani non è questa.
Lavorare a casa è proprio un vantaggio?
I vantaggi di lavorare da casa o comunque fuori dall’ufficio sono sicuramente vari.
Uno su tutti riguarda gli spostamenti. Ovviamente non doversi recare sul posto di lavoro abituale significa ridurre gli spostamenti per lavoro, tempi, costi, traffico, stress, tutto annullato grazie al collegamento a internet. Sicuramente tra i vantaggi del lavoro da remoto anche il potersi organizzare il tempo di una giornata lavorativa come meglio si crede riuscendo ad avere così una certa dose di autonomia quotidiana; questo vuol dire avere meno pressioni e quindi essere più produttivi e star meglio anche fisicamente e mentalmente.
Prendiamo ad esempio quanto racconta una mamma su Mashable: “Lavorare da casa con due figli di 12 e 14 anni non è facile. A volte è questione di spazi. Quando seguono lezioni scolastiche online hanno bisogno di un tablet o di un pc, un tavolo e di silenzio. E anche io. E non sempre è possibile perché l’appartamento non è grande. Ho ascoltato lezioni di grammatica con la tentazione di suggerire durante le interrogazioni così come ho fatto videochiamate durante lezione di pianoforte via Skype. Faticoso. Un altro momento critico è il pranzo: il mio lavoro non presuppone pause per mangiare ma i miei figli devono nutrirsi. Ancora, lo stress del lavoro arriva dentro casa, non ci sono più filtri e condiziona i nostri rapporti. Alla fine, ci vediamo di più, ma passiamo meno tempo insieme”.
Senso d’isolamento
Avendo sempre lo strumento principale a disposizione, il proprio computer connesso ad internet, e trovandosi sempre nello stesso ambiente che funge da casa e da ufficio si finisce per non smettere mai davvero di lavorare se non per andare a dormire. Questo può portare inevitabilmente anche a sentire un senso di isolamento amplificato soprattutto dalle condizioni in cui la pandemia ci ha portato. Stare a casa, lavorare da casa, non vedere persone per troppo tempo, non avere scambi se non tramite un computer amplifica questo senso di isolamento che non è per niente positivo per la salute della persona.
Perdita del senso del lavoro o del progetto
In questo quadro a tratti può venir meno il senso del lavoro stesso o del progetto che si sta portando avanti. Perdere la bussola, non avere i colleghi accanto, non sapere con chi confrontarsi se non a distanza può portare chi lavora in questo modo a perdere proprio il senso di ciò che sta facendo.
Meno ammortizzatori emotivi offerti dall’ufficio
Anche a livello emotivo le ripercussioni di tutto ciò possono essere tante e tutte negative.
La mancanza di rete sociale, di rapporto e interazione umana portano sicuramente il lavoratore a sentirsi solo proprio perché gli mancano degli ammortizzatori emotivi che invece l’ambiente dell’ufficio gli offriva. Si pensi anche solo al coffe break, un momento di pausa in cui si costruiscono rapporti tra colleghi, si scambiano opinioni, ci si confronta come è giusto che sia tra esseri umani.
Aumento dell’ansia e della depressione
In questo periodo di isolamento forzato i casi di ansia e depressione in alcuni soggetti sono aumentati. Sembra evidente come un periodo di stress e solitudine come quello che stiamo vivendo possa portare i lavoratori da remoto a dover far fronte ad ulteriori problemi oltre quelli sanitari.
Chi vive da solo e lavora da casa è sicuramente più tranquillo dal punto di vista del contagio, ma mentalmente è un soggetto esposto a maggiori rischi degli altri proprio perché è isolato in un momento già di per sé delicato. Le persone di solito durante i periodi di paura e depressione tendono a ricercare proprio il contatto con gli altri per affrontare ansia e tristezza, tutto ciò che oggi a causa della pandemia non è possibile fare.
Il ruolo della psicoterapia online
Un aspetto che può giocare un ruolo cruciale in queste condizioni è sicuramente la psicoterapia online.
Questa consente anche a chi lavora da remoto di ritrovare un certo equilibrio personale in un periodo di forte stress dato sia dalla condizione generale in cui viviamo, sia dalla condizione personale in cui è immerso.
Se non è il momento giusto per recarsi fisicamente da uno psicologo è possibile sfruttare la tecnologia a nostra disposizione per incontrare uno psicoterapeuta online e trarne gli stessi benefici di una seduta in presenza.
Si tratta dunque di un supporto ai singoli, ma volendo anche a gruppi specifici proprio per far sì che anche a distanza e nonostante le condizioni attuali ci impongano di non avere relazioni sociali è possibile interfacciarsi con gli altri mediante la rete. In questo modo tutti i partecipanti possono capire di non essere soli in questo periodo e possono confrontarsi con qualcuno che vive questo momento allo stesso modo, condividendo le stesse paure, gli stessi stati d’animo e magari intraprendendo insieme un percorso di cura è possibile uscirne insieme e confrontarsi sui risultati che si ottengono giorno dopo giorno.
©bp
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